
“Piuttosto che prendersela con il
giornalista , che fa bene il suo mestiere, penso che quelle stesse sigle
sindacali della Polizia Penitenziaria che puntano a scaricare ogni colpa su
direttori delle carceri e sul capo del DAP farebbero bene a fare una seria – e
mai tentata prima - autocritica innanzitutto ammettendo le responsabilità per
non essere in grado di contribuire, attraverso la concertazione seria con
l’Amministrazione Penitenziaria, e quindi attraverso proposte credibili, ad una
efficace ed effettiva tutela del personale e, contestualmente, al cambiamento
del sistema penitenziario. La verità – continua il segretario del S.PP. - è che
i sindacati dei penitenziari, badando solo alle tessere, in una corsa di
competizione tra sigle e a rivendicazioni limitate, hanno perso di vista
l’obiettivo centrale della difesa del personale,
diventando in questo modo
co-responsabili all’attuale deflagrazione del sistema carcerario. Il risultato
è che è in atto una campagna mediatica di delegittimazione degli agenti che non
si è in grado di contrastare, ricercando un capo espiatorio, mentre in tre anni
le violenze al personale sono aumentate del 300 per cento, i suicidi di agenti
del 120 per cento, le condizioni di lavoro sono sempre più massacranti.
È ora di finirla di fare sindacato, tra l’altro con
gruppi dirigenti per l’80 per cento formati da pensionati e quindi senza un
adeguamento ricambio generazionale, senza affrontare i problemi veri e
intervenendo solo, con comunicati, a fatti avvenuti. Siamo l'unico sindacato di
categoria che non si è rinnovato con gli stessi dirigenti da troppi anni,
battendo persino il record dei sindacati bulgari. L'inadeguatezza dei gruppi
dirigenti delle sigle sindacali della penitenziaria è sin troppo evidente
perché non si riesce a tenere testa ai grandi cambiamenti intervenuti negli
anni”.