
Un detenuto
avrebbe telefonato dal carcere di Avellino ai Carabinieri per chiedere un “intervento
di soccorso”. Il fatto sarebbe avvenuto nei giorni scorsi e richiede comunque accertamenti. Di certo ci sarebbe l’arrivo
all’ingresso del carcere di Avellino di una pattuglia dei Carabinieri per raccogliere informazioni. “Altro che
grottesco. Il fatto che è in attesa di conferme
ufficiali e di indagini – commenta il segretario del Sindacato Polizia
Penitenziaria (S.PP.) Aldo Di Giacomo
– rileva comunque la facilità con cui dai penitenziari è possibile telefonare all’esterno. E con
l’accertamento del “caso di ingenuità” del detenuto che si sarebbe rivolto ai Carabinieri perché gli
agenti penitenziari lo avrebbero ripetutamente
invitato a rientrare
in cella, altrettanto deve accadere per le altre numerosissime telefonate
di tutt’altro genere. Ricordo la denuncia del procuratore aggiunto di Bari,
coordinatore della Direzione distrettuale antimafia, Francesco Giannella: “
il carcere
non ostacola più l'operatività
delle mafie, che operano su due binari, dentro e fuori gli istituti
penitenziari grazie a una
circolazione incontrollata di telefoni cellulari di piccolissime dimensioni, introdotti nelle carceri di tutta Italia
nei modi più fantasiosi". È la più autorevole conferma del nostro allarme che abbiamo lanciato
da tempo, purtroppo inascoltati. Bisogna fermare subito la diffusione di telefonini nei penitenziari che vengono
usati come è accaduto a Poggioreale persino
per girare video”.
Di Giacomo aggiunge:
“secondo dati di fonte ministeriale, nel 2020 nelle carceri
italiane sono stati rinvenuti 1.761 telefoni cellulari. Erano stati 1.206 nel 2019 e 394 nel 2018. Solo
una piccola parte arriva attraverso droni contro i quali non credo serva a molto la “schermatura” delle carceri come pure qualcuno
ha proposto tenuto conto che
come è stato accertato la “consegna” avviene in tanti altri modi, proprio come sostiene il magistrato barese
antimafia, tra i quali c’è il sistema dei fucili o pistole ad aria compressa, come quelli dei bambini ma potenziati
e modificati, in grado di sparare il mini telefono
cellulare direttamente in cella da distanze considerevoli”.
Il
segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria sottolinea che "la
disponibilità di un telefono cellulare
durante il periodo di detenzione, altro che per parlare a fidanzate ed amanti
come sostiene il Garante dei Detenuti
campani, è funzionale a obiettivi criminali e a coltivare la supremazia nell'ambito dei rapporti
carcerari perché quella disponibilità permette
al detenuto di mantenere
continui rapporti con il proprio ambiente esterno di provenienza e persino
di continuare ad impartire disposizioni criminose da eseguire
al di fuori della struttura carceraria, con ricadute assai
negative sia sulla praticabilità di percorsi rieducativi (ove si tratti di condannati definitivi), sia per il soddisfacimento di eventuali esigenze
cautelari per i così detti
'non definitivi', sia in
generale per l'ordine pubblico".