
“Il clima di grave tensione che si è accentuato nel carcere delle
Vallette di Torino, dopo la notizia
dell’accertamento di un agente della polizia penitenziaria positivo al
coronavirus, è solo la punta dell’iceberg di una situazione esplosiva e al
tempo stesso un’avvisaglia da non sottovalutare per quello che potrebbe
succedere da un momento all’altro in tutti i 13 istituti penitenziari
piemontesi”. Ad affermarlo è Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP. che
aggiunge: “a noi risultano già tre i casi di colleghi in servizio nelle carceri
del Piemonte positivi a cui aggiungere un detenuto. E i dati della popolazione
carceraria – 4.600 detenuti rispetto ad una capienza di 3.700 – con circa 3
mila agenti e 500 operatori penitenziari dovrebbero far scattare misure
straordinarie per bloccare e prevenire il contagio. L’unica misura adottata - i
nuovi arrivati, dopo che vengono arrestati, vengono sistemati in
“domiciliazione fiduciaria” in celle di isolamento – non è affatto
soddisfacente. Nessuno si illuda per il fatto che le proteste delle scorse
settimane nelle carceri piemontesi sono state meno violente delle rivolte
avvenute altrove”. La verità – dice Di Giacomo – che gli agenti in servizio in
Piemonte sono stremati. Non ce la fanno più, con turni di lavoro prolungati e
senza mascherina perché alcuni direttori lo “impongono” per evitare – dicono –
di creare ulteriore allarmismo nella popolazione carceraria. Ma la
testimonianza più evidente di considerare la Polizia Penitenziaria “carne da
macello” - spiega Di Giacomo – è la circolare del Capo del Dipartimento Dott.
Francesco BASENTINI, nella quale,
in un passaggio,
testualmente riporta “…
nella prospettiva di salvaguardare l’ordine e la sicurezza pubblica collettiva, si
ritiene che gli operatori di Polizia Penitenziaria in servizio presso le
strutture penitenziarie, in quanto operatori pubblici essenziali, debbono
continuare a prestare servizio anche nel caso in cui abbiano avuto contatti con
persone contagiate o che si sospetti siano state contagiate. Evitando ogni contatto con i
detenuti …”. È ormai chiaro il tentativo di scaricare sui poliziotti
penitenziari la gestione dell'emergenza sanitaria da coronavirus che si è
dimostrato di non saper gestire.
Nonostante questa situazione allarmante – continua il segretario
del S.PP. – con il sacrificio degli uomini e delle donne in divisa stiamo
riuscendo ad assicurare un servizio che, come riprovano le violente rivolte dei
giorni scorsi, è soprattutto un servizio ai cittadini per garantire sicurezza.
Al punto in cui siamo – afferma Di Giacomo – non possiamo avere più fiducia
nell'Amministrazione Penitenziaria e ci rivolgeremo direttamente ai Prefetti
perché sia accertato nelle carceri il pieno rispetto delle norme di prevenzione
che il Governo ha deciso e che non possono valere solo fuori gli istituti
penitenziari.
Il S.PP. non farà sconti a nessuno perché si individuino le responsabilità e
mette in guardia: anche nelle carceri del Sud la situazione è a limite della
sopportazione e giorno per giorno diventa carica di tensioni. Qualcuno
evidentemente si illude che nelle carceri è tornata la calma, ma purtroppo non
è così. Siamo di fronte ad una situazione – aggiunge – di calma solo apparente
e tanto meno sarà sufficiente l'arrivo del migliaio di nuovi agenti che
dovrebbero essere formati e non mandati allo
sbaraglio.