
“In questi anni il personale
penitenziario – aggiunge – è stato (e purtroppo ancora lo è) bersaglio
dei sostenitori delle “celle aperte”
e della rieducazione sociale, sempre e comunque, dei detenuti. I risultati della
continua delegittimazione dei servitori dello Stato sono sotto gli occhi di tutti: nel giro di pochi anni (dal 2014
al 2020) le aggressioni agli agenti sono passate da 387 a 527, i casi di violenza in numero esponenziale da 319 a 3567, le colluttazioni da 1443 a 5174. Persino
i coltelli sono cresciuti come funghi da 55 a 196 e le sim card per i telefonini da 118 a 1089. Per non parlare
delle infrazioni disciplinari da 1100 a
10.100 e dei tentativi di suicidio da 43
a 1480. La
correlazione tra sorveglianza dinamica, vale
a dire la possibilità di tenere le celle aperte sino a 8 ore al giorno senza
distinzione tra detenuti pericolosi
perché con condanne pesanti per reati gravi e detenuti con condanne lievi, ed aumento degli eventi critici in
carcere è finalmente riconosciuta da chiunque non nutra prevenzione e preconcetti nei confronti del personale penitenziario.
Ci fa piacere
constatare che stia crescendo il numero di sostenitori alla tesi che
esprimiamo, purtroppo inascoltati, da
anni, sulle conseguenze della scelta di aprire le celle a tutti senza distinzione di pericolosità dei detenuti.
Per quanto ci riguarda – continua Di Giacomo – è però solo una magra consolazione quella di avere riconoscimenti,
anche autorevoli, del fatto che abbiamo
ragione e abbiamo
previsto quanto è puntualmente accaduto.
È necessario pertanto che a questo si
aggiunga l’individuazione di responsabilità che sono innanzitutto politiche ed istituzionali e si corra il più
rapidamente possibile ai ripari per garantire
l’incolumità del personale penitenziario ed evitare che il controllo delle
carceri sia nelle mani di clan ed
organizzazioni criminali che dalle celle continuano a dare ordini e a controllare i traffici illeciti e di morte”.
Per Di Giacomo non si sottovaluti che “il clima che si respira
nelle carceri è persino peggiore di
quello della primavera 2020 che ha segnato la stagione delle violente rivolte a
catena. Clan, gruppi malavitosi, organizzazioni mafiose, camorriste e ‘ndranghetiste stanno approfittando
de “clima buonista” per muovere nuovamente la sfida allo Stato. Le azioni
annunciate dalla Ministra
Cartabia che da tempo ascolta solo i Garanti dei detenuti – continua il segretario del Sindacato Penitenziari – vanno in tutt’altra direzione, quella dell’apertura
di celle e portoni ai detenuti. La riduzione della popolazione carceraria in sostanza
è considerata l’unica
strada da seguire”.