La nuova tappa a Torino oggi davanti al carcere “Lorusso e Cutugno” per il tour “Noi le vittime Loro i carnefici” oltre ai problemi generali e diffusi di sicurezza in tutti gli istituti di pena italiani punta ad accendere i riflettori sui detenuti terroristi che nelle celle continuano a reclutare nuovi potenziali terroristi. È quanto sostiene il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo ricordando i due recenti fatti: il 10 febbraio a Torino il lancio di molotov a seguito di un corteo di anarchici verso il muro perimetrale questa volta del carcere Le Vallette; le 22 condanne per un totale di oltre 204 anni di carcere chieste il 5 marzo scorso in Corte di Assise a Torino dal pubblico ministero Sparagna al processo per terrorismo contro gli anarchici delle Fai-Fri.
“L’anarco- insurrezionalismo – come è scritto in un rapporto dei nostri Servizi Segreti, pubblicato per stralci sulla stampa, rappresenta infatti “l’espressione più insidiosa, capace di tradurre in chiave offensiva gli appelli istigatori della propaganda d’area, di cui le risultanze informative hanno evidenziato una tendenza crescente alla radicalizzazione. Ciò soprattutto attraverso la diffusione di documentazione riportante dati circostanziati sugli obiettivi da colpire, coniugata a tentativi di favorire convergenze tattiche tra le diverse visioni dell’agire anarchico”. L’attività informativa, si legge sempre nel report, “ha confermato l’intensità dei collegamenti internazionali dell’anarco- insurrezionalismo, evidenziando assidui contatti, sia fisici che virtuali, tra militanti, nonché una loro sostenuta mobilità tra diversi Paesi, in occasione di iniziative propagandistiche e di mobilitazione”. Il cosiddetto mondo antagonista, in questi anni, ha imparato ad organizzarsi, scegliendo come bacino di reclutamento anche la “popolazione straniera, ritenuta, in particolare dai segmenti più oltranzisti, un bacino di reclutamento ‘capace di produrre conflitto'”. Ritorna dunque l’allarme – dice Di Giacomo – che abbiamo più volte lanciato sul reclutamento nelle celle proprio come accade per i clan mafiosi e per i terroristi islamici, un allarme che necessita di risposte adeguate ad opera dell’Amministrazione Penitenziaria. Gli agenti da soli non possono farcela e devono già difendersi dalle continue aggressione come quella di poche settimane fa di un detenuto di 30 anni, extracomunitario, che nella decima sezione del Padiglione “B” del Carcere di Torino “Lorusso e Cutugno”, ha morso un dito della mano al poliziotto penitenziario intervenuto per sedare una rissa. Qualcuno ha già dimenticato il caso dell’omicidio-suicidio, avvenuto nel dicembre 2013, di due poliziotti penitenziari nel carcere di Torino, tornato alla ribalta della cronaca solo grazie ad un’interrogazione presentata al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dall’on. Ciro Maschio dopo che la quarta sezione civile del tribunale di Torino ha condannato l’amministrazione penitenziaria a risarcire per oltre 870mila euro la famiglia di Giampaolo Melis, l’ispettore ucciso a colpi di pistola dall’assistente capo Giuseppe Capitano che poi si è tolto la vita. Il tour – spiega Di Giacomo – vuole dunque rappresentare il rilancio di un’iniziativa per inchiodare Ministro alla Giustizia, Governo, Parlamento e politica alle proprie responsabilità e rivendicare un primo pacchetto di misure di emergenza che vadano ben oltre le poche centinaia di agenti da assumere. Nostro obiettivo inoltre è quello di saldare i problemi del carcere con quelli della sicurezza degli italiani perché senza sicurezza negli istituti di pena non ci sono le condizioni per garantirla fuori.