14 settembre 2017. Fabrizio Corona deve restare in carcere: Di Giacomo, non ci sono detenuti di serie A e di serie B

Attività, Editoriale Aldo Di Giacomo

La decisione del giudice di Sorveglianza di Milano su Fabrizio Corona che deve restare in carcere può essere interpretata come l’affermazione del principio che non ci sono detenuti di serie A e di serie B.

E’ il commento del segretario generale del SPP (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo.    So bene che quando sono coinvolti vip dello spettacolo si innescano reazioni di protesta e commiserazione a differenza dei casi di cittadini non noti al grande pubblico, ma – continua – è il caso di ricordare i numerosi episodi di fuga dagli arresti domiciliari e persino di detenuti affidati a comunità che sono stati rintracciati in supermercato a fare acquisti o in giro per città.

Solo  nel 2016 in  tutto  ci  sono  state 114  evasioni: 6 evasi  sono fuggiti  dal carcere, 34 grazie ai permessi premio, 23 approfittando del lavoro esterno. Sono dati – afferma Di Giacomo – che segnano un incremento percentuale altissimo nel giro  degli ultimi anni a riprova di quanto abbiamo più volte denunciato senza essere ascoltati: la sicurezza nelle carceri italiani è un optional.

Abbiamo sempre considerato la rieducazione un elemento essenziale per rendere moderna ed efficace la detenzione ma non può diventare metodo di ricerca di una sorta di “rieducazione per forza” e per tutti. Il risultato è che non si rinuncia a concedere permessi di uscita all’ergastolano consentendo di fatto un’ evasione da tempo evitata, ma inevitabilmente avvenuta, oppure ci si indigna, come è accaduto in questa stagione estiva, se un uomo di spettacolo a cui è stata ritirata la patente, alla guida sotto effetto di stupefacenti, investe una donna provocandole la morte ma è “costretto” agli arresti domiciliari perché in mancanza di braccialetto elettronico (dispositivo elettronico per il controllo fisico dell’indagato comunque trovato in tempo record rispetto  a tanti altri “imputati comuni”).  

Abbiamo a che fare dunque – afferma il segretario del SPP – con uno Stato che con “l’Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano” ha pensato a tutto ma non a chi svolge il lavoro quotidiano per la difesa dei cittadini. E’ questa anzi – afferma Di  Giacomo – una legge inutile tenuto conto che in Italia, questa forma di reato, è già prevista e sanzionata in varie normative ed è ancor più una legge dannosa perché potrebbe incentivare anche accuse infondate nei confronti di operatori di Polizia che, comunque, sarebbero costretti ad affrontare spiacevoli situazioni.

E’ il caso piuttosto di pensare a forme più incisive di contrasto di delinquenza e degrado che se non fosse per le forze dell’ordine che presidiano piazze, stazioni, aeroporti, ecc. sarebbero maggiori.

Il Segretario Generale

Dott. Aldo Di Giacomo

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