Qualcosa non ha funzionato. Il detenuto Amadou Coulibally, 20 anni, ha scavalcato il muro di cinta del carcere di Cosenza con la rapidità e l’agilità d’un puma beffando tutti i servizi di sorveglianza. Nessuno è riuscito a fermarlo e l’allarme è scattato quando era ormai in fuga verso il centro storico della città. La magistratura inquirente, guidata da Mario Spagnuolo, vuol capire se vi siano responsabilità su quanto accaduto. Se, cioè, i sistemi di controllo fossero adeguati sia all’interno che all’esterno del penitenziario. Se evadere è così facile significherebbe, infatti, che siamo di fronte a un problema davvero serio.
Scrive Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria: «L’evasione dimostra che l’emergenza del sistema carcerario del nostro Paese non è tanto nel sovraffollamento che nell’istituto di pena calabrese, secondo il recente rapporto di Antigone tocca il 119% con 260 detenuti e 54 stranieri, quanto nella carenza di organico, strumenti e tecnologie di controllo. Negli ultimi tre anni – continua il sindacalista – si sono verificati circa 160 casi di evasioni da carceri, permessi premio o di lavoro, arresti domiciliari”.
“L’evasione dal carcere di Cosenza del 20enne del Mali, bloccato grazie all’efficace collaborazione tra Carabinieri e Polizia penitenziaria, dimostra che l’emergenza del sistema carcerario del nostro Paese non e’ tanto nel sovraffollamento che nell’istituto di pena calabrese, secondo il recente rapporto di Antigone tocca il 119% con 260 detenuti e 54 stranieri, quanto nella carenza di organico, strumenti e tecnologie di controllo”. Ad affermarlo e’ il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria (SPP), Aldo Di Giacomo, secondo cui “negli ultimi tre anni, a far data dal 2016, si sono verificati circa 160 casi di evasioni da carceri, permessi premio o di lavoro, arresti domiciliari. Gli organici – dice – sono ridotti all’osso e si sottrae personale per accompagnare detenuti fuori dagli istituti di pena in strutture sanitarie, come per esigenze giudiziarie, con il risultato di mettere a rischio personale e cittadini”.
“Quando si svegliera’ il Ministero della Giustizia? C’e’ bisogno di altre evasioni? Sono le domande – dice – che facciamo interpretando il diffuso malessere dei nostri colleghi che quando reagiscono per bloccare fughe o sedare aggressioni, in troppi casi, finiscono dalla parte degli imputati”. Per Di Giacomo la “grande emergenza”, inoltre, e’ il controllo delle carceri italiane da parte della criminalità organizzata.
“Da mesi – sottolinea – abbiamo lanciato sollecitato il Ministero della Giustizia e l’Amministrazione Penitenziaria a non sottovalutare la crescente pericolosità della mafia nigeriana nelle carceri, nei Centri di Accoglienza per richiedenti asilo dove – aggiunge Di Giacomo – avvengono l’affiliazione o il reclutamento delle cosche africane”.