“Con la notifica della sospensione dal servizio per undici agenti di polizia penitenziaria del carcere di San Gimignano, per fatti che risalgono a due anni fa e peraltro oggetto di attività giudiziaria non ancora completata, siamo di fronte ad un esempio eclatante di quella giustizia da “due pesi e due misure” che non ci piace.
Da una parte si applicano provvedimenti di sospensione della pena per delinquenti incalliti, autori di crimini efferati e dall’altra ci si scaglia contro il personale penitenziario”.
Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo per il quale “quanto sta accadendo è l’effetto del clima di delegittimazione e di odio alimentato nel Paese dopo le vicende di Santa Maria Capua Vetere. Piuttosto – aggiunge –non si poteva scegliere occasione migliore per varare, con il voto di fiducia di questa notte in Parlamento, la riforma della giustizia che produrrà lo sfollamento di celle mentre ci si accanisce contro uomini e donne in divisa che svolgono il proprio lavoro a servizio dello Stato.
Si badi bene gli undici agenti di polizia penitenziaria sospesi per il processo per asserite torture ad un detenuto tunisino sono finiti da due anni nell’attenzione della magistratura e sono ancora in attesa di sentenza definitiva.
Ciò accade mentre si introducono nuovi vantaggi e benefici garantisti per chi già è in carcere o come il personale di San Gimignano ha subito una sentenza di primo grado.
Che giustizia è questa! Non si tratta per noi – dice Di Giacomo – di difesa di ufficio di colleghi ma piuttosto di affermare il principio del garantismo che non può essere a senso unico provocando proteste ed indignazioni di politici, intellettuali solo a favore dei detenuti”.
Quando il Ministro Cartabia parla di grande compito di rieducazione dei detenuti – continua il segretario del S.PP. – questo non può certamente ricadere sugli agenti e il personale tutto, perché il vero nodo della crisi da tutti riconosciuta del sistema carcerario e giudiziario consiste in circa 12mila detenuti che entrano ed escono dai nostri istituti penitenziari. Un numero destinato con la riforma a crescere in maniera esponenziale.
Le istituzioni e la politica farebbero bene ad occuparsene non solo quando ci sono eclatanti fatti di cronaca”.