Un problema strutturale, come denuncia il segretario generale del sindacato F.S.A. C.N.P.P.-S.PP., che parla di una situazione ormai fuori controllo.
Foggia – Il recente sequestro di numerosi telefoni cellulari e di un ingente quantitativo di hashish all’interno del carcere di Lecce riaccende i riflettori sul fenomeno, ormai quotidiano, dell’introduzione illecita di dispositivi e sostanze stupefacenti negli istituti penitenziari pugliesi.
Un problema strutturale, come denuncia il segretario generale del sindacato F.S.A. C.N.P.P.-S.PP., Aldo Di Giacomo, che parla di una situazione ormai fuori controllo.
Tecnologie avanzate e carenza di strumenti
“È innegabile – spiega Di Giacomo – che le tecnologie più avanzate, dai droni ai mini-telefonini sempre più piccoli e difficili da individuare, rendano più agevole l’introduzione di cellulari all’interno delle carceri. Tuttavia, è necessario chiedersi come l’Amministrazione Penitenziaria intenda contrastare questo mercato, se non grazie all’instancabile lavoro della polizia penitenziaria, che ogni giorno con grande professionalità riesce a scoprire e sequestrare questi dispositivi.”
Secondo il segretario, il problema non è solo tecnologico: “Le carceri pugliesi – aggiunge – non dispongono di strumentazioni adeguate per intercettare voli di droni o segnalare intrusioni. E intanto il sovraffollamento e la carenza di personale, stimata in almeno 500 unità, aggravano ulteriormente una situazione già critica”.
Dalle celle i comandi ai clan
Di Giacomo sottolinea che l’uso dei telefoni non riguarda semplicemente i contatti familiari: “Non si tratta solo di chiamate alle mogli o ai parenti. È ormai accertato da diverse indagini antimafia che i comandi per attività criminali sui territori partono proprio dalle celle delle carceri. Alcuni boss continuano a impartire ordini ai loro sottoposti in libertà, organizzando estorsioni o traffici illeciti direttamente da dietro le sbarre.”
Secondo il sindacalista, si tratta di un fenomeno esteso a livello nazionale: “Dalle indagini emerse negli ultimi anni in tutta Italia è chiaro che i dispositivi introdotti illegalmente vengono utilizzati per mantenere attivi i legami criminali e garantire la continuità delle attività illecite anche durante la detenzione.”
Droghe in carcere, un mercato milionario
Non meno allarmante è il capitolo relativo alla diffusione di sostanze stupefacenti dietro le sbarre. “Le morti recenti di due detenuti a San Vittore e le gravi condizioni di altri – afferma Di Giacomo – dimostrano che la droga circola in carcere come in una piazza di spaccio esterna. Circa il 30% della popolazione carceraria è tossicodipendente, e nei soli penitenziari pugliesi il giro d’affari legato agli stupefacenti raggiunge alcuni milioni di euro l’anno.”
Di Giacomo punta il dito contro le mancate risposte della politica e del Ministero della Giustizia: “Le promesse del ministro Nordio sulle misure alternative per i detenuti tossicodipendenti e sulle case di accoglienza si sono dissolte nel nulla. Quelle strutture, ammesso che esistano, non riescono a seguire più di qualche centinaio di persone, mentre il problema riguarda migliaia di detenuti.”
Il segretario generale del F.S.A. C.N.P.P.-S.PP. conclude con un appello: “Solo la Polizia Penitenziaria, con dedizione e sacrificio, continua a garantire sicurezza e legalità.
Ma l’Amministrazione Penitenziaria, il Parlamento e la politica devono finalmente affrontare in modo radicale un sistema che rischia di implodere. Ignorare ancora la realtà sarebbe irresponsabile.”







































