7 agosto 2017 Evasi da permesso premio: Di Giacomo (SPP), “Siamo alla frutta” buonismo inaccettabile

Attività, Editoriale Aldo Di Giacomo

Dall’inizio dell’anno sono salite a 39 le evasioni di detenuti grazie a permessi premio. A questo punto sarebbe il caso di stabilire come misura alternativa alla detenzione il “premio diretto” della remissione in libertà.

A sostenerlo è il segretario generale del sindacato Polizia Penitenziaria (Spp), Aldo Di Giacomo, commentando i casi dei due giovanissimi detenuti che non hanno fatto ritorno nel Carcere Minorile Ferrante Aporti di Torino dopo un permesso premio, a cui si aggiunge un terzo caso analogo avvenuto a Cremona solo qualche giorno fa.

Nel ricordare che nel 2016 in tutto ci sono state 114 evasioni: 6 evasi sono fuggiti dal carcere, 34 grazie ai permessi premio, 23 approfittando del lavoro esterno; 14 della semilibertà e 37 da mancati rientri, Di Giacomo afferma che è il cosiddetto “sistema premiante” che non può assolutamente funzionare in questo modo.

Quello che doveva infatti essere un istituto eccezionale di rieducazione del detenuto di fatto è diventato un provvedimento diffusissimo pur sapendo che il controllo da parte del personale di polizia penitenziaria come di altre forze dell’ordine non può avvenire perché l’organico è fortemente sottodimensionato. Se non si riesce a far fronte all’attività ordinaria in carcere figuriamoci come si potrebbe per i detenuti ammessi a fare acquisti in città o a lavorare in associazioni, centri e società varie. Smettiamola – dice ancora il segretario del Spp – con la tesi di rieducazione ad ogni costo.

Abbiamo sempre considerato la rieducazione un elemento essenziale per rendere moderna ed efficace la detenzione ma non può diventare metodo di ricerca di una sorta di “rieducazione per forza” e per tutti specie se autori di efferati crimini. Qualcuno ricorderà la campagna di stampa e di indignazione delle settimane scorse quando si verificò che per un attore che aveva investito una donna guidando senza patente la propria auto non si trovava la disponibilità di un braccialetto elettronico. Solo dopo il recupero del braccialetto in tanti tirarono un sospiro di sollievo.

Ma – chiede Di Giacomo – in che Paese siamo se invece di indignarsi per una donna uccisa ci si indigna per chi ha procurato la sua morte e si rivendica subito la pena detentiva agli arresti domiciliari?

Siamo, purtroppo, in uno Stato che con “l’Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano” ha pensato a tutto ma – aggiunge –  non a chi svolge il lavoro quotidiano per la difesa dei cittadini. E’ questa anzi una legge inutile tenuto conto che in Italia, questa forma di reato, è già prevista e sanzionata in varie normative ed è ancor più una legge dannosa perché potrebbe incentivare anche accuse infondate nei confronti di operatori di Polizia che, comunque, sarebbero costretti ad affrontare spiacevoli situazioni.

E’ il caso piuttosto di pensare a forme più incisive di contrasto di delinquenza e degrado che se non fosse per le forze dell’ordine che presidiano piazze, stazioni, aeroporti, ecc. sarebbero maggiori. Di fronte ad una gravissima sottovalutazione politica dei problemi della sicurezza dei cittadini specie per il continuo ingresso nel Paese di extracomunitari clandestini che delinquono – per i quali è necessario definire procedure di rapida espulsione – e delle condizioni di lavoro degli addetti ai Corpi di Polizia, noi non ci stiamo e per tutelare tutti gli operatori di Polizia promuoveremo iniziative clamorose di mobilitazione e di protesta.

Il Segretario Generale Aldo DI GIACOMO

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Dott. Aldo Di Giacomo

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